La vita è davvero una trattativa continua?

Suggerimenti per chi affronta le trattative con frequenza o intensità eccessiva (negoziatori che si divertono nelle trattative, quelli competitivi e quelli che hanno da poco scoperto l'efficacia delle tecniche negoziali).

Spesso questa categoria di negoziatori pensa: "La vita, in fin dei conti, è tutta una negoziazione". E' proprio così? Sì e no.

Da una parte, teoricamente, qualunque richiesta che riceviamo può essere letta come un'opportunità per ottenere qualcosa in cambio (e innescare una dinamica negoziale). Ma siamo sicuri che sia davvero conveniente nel lungo termine negoziare ogni volta per ottenere una contrapartita? Non lo è, a volte è più proficuo (e saggio) mostrarsi generosi e concedere anche più di quanto richiesto. Altre volte, è meglio mostrarsi fermi e rifiutare ugualmente la trattativa.

La letteratura offre molti spunti al riguardo. G. Richard Shell in "Bargaining for Advantage", per esempio, parte dalla considerazione che negoziare porta via tempo ed energie e può stressare la relazione tra le parti, anche quando fatta tra negoziatori esperti (a maggior ragione quando una delle due parti non lo è o entrambe non lo sono).

Adam Grant in "Give and Take", da parte sua, osserva che essere generosi (senza essere ingenui) è una ricetta efficace per avere successo nella vita ed il motivo, in estrema sintesi, è legato alla qualità delle relazioni che con questo approccio si creano.

Anche Dan Hariely in "Predictably Irrational" evidenzia l'importanza della generosità nella costruzione di relazioni solide e aggiunge una prospettiva interessante, ricordando di non confondere gli scambi che seguono le regole sociali (es. favori tra amici) con gli scambi che seguono le regole di mercato (es. una qualunque compravendita). 

Quando è opportuno negoziare e quando invece è meglio abbandonare?

Quando frenarsi e rinunciare alla contropartita, che magari si presenta su un bel piatto d'argento? Un po' per gioco, un po' perché è utile, ho pensato a un "triage" che aiuti non solo a decidere se negoziare o meno, ma anche come e con quanta intensità farlo.

Quanto è importante per me l'argomento della possibile trattativa (la "posta in gioco")?
Quanto è importante mantenere una buona relazione con l'altra parte?

Se la posta in gioco è importante, si dovrebbe negoziare sempre. Punto. E quanto più è importante, tanto maggiori dovrebbero essere tempo ed energie dedicate alla preparazione e alla gestione della trattativa.

Per quello che riguarda lo stile negoziale da adottare, se è importante tutelare la relazione si sceglierà uno stile orientato al problem-solving, evitando sicuramente un approccio duro o competitivo; se invece la relazione futura con la controparte non è rilevante, si potrà scegliere lo stile che si ritiene più efficace (tutelando però sempre la propria reputazione). Nel primo caso punteremo a raggiungere un risultato equo per tutti, nel secondo punteremo a massimizzare il nostro risultato.

Se invece la posta in gioco non è importante, allora si dovrebbe sempre valutare l'opportunità di non negoziare. Se la relazione non è importante, allora si dovrebbe risolvere rapidamente la questione, ricorrendo alle prassi o usanze più diffuse (se esistono, l'esempio classico è la precedenza a un incrocio) o arrivando a un rapido compromesso.

Quanto è familiare l'altra parte con le trattative?

Questo è un aspetto che genera spesso danni relazionali "involontari", soprattutto perché chi si diverte a negoziare fa inevitabilmente fatica a comprendere fino in fondo l'ansia o l'irritazione che la trattativa può invece generare in altri. Quando sappiamo (o capiamo) di trovarci di fronte a qualcuno che non ama le trattative, è bene ricordarsi che i danni sulla relazione potrebbero essere profondi e duraturi, e serve anche essere consapevoli che non sarà solo l'equità del risultato a pesare, ma anche il modo con cui si arriverà all'accordo. In queste situazioni, se si è consapevoli di avere un approccio troppo duro o diretto, sarebbe meglio ridurre al minimo indispensabile la trattativa e, quando ciò è impossibile, allora sarebbe saggio delegare a qualcuno più adatto.

L'argomento è riconducibile a un accordo precedente?

Se l'argomento in questione è parte di un accordo precedente, in generale non si dovrebbe rimetterlo in discussione. Si può farlo, sempre in generale, solo a fronte di mutamenti davvero significativi alle condizioni al contorno su cui l'accordo si basa. E anche in questo caso, sempre meglio valutare bene le conseguenze. Dipende molto dall'ambito, in alcuni può anche essere una prassi frequente (penso alla politica), ma di base vale il principio che rimettere sempre in discussione gli accordi precedenti è time-consuming, può essere esasperante (lo è a maggior ragione per chi non ama le trattative) e soprattutto può mettere a rischio la propria reputazione: la proficua collaborazione (nella vita privata come in quella lavorativa) si basa sulla fiducia e l'affidabilità nel rispetto degli impegni è una delle fondamenta su cui si costruisce la fiducia.

Raccomandazione finale: ricordatevi di non voler stravincere.

Questa non è una domanda del triage ma una raccomandazione. Se, una volta completato il triage, decidete comunque di aprire la trattativa, allora tenetela a mente. Succede infatti talvolta di intravedere la possibilità di portare a casa tutto il "piatto", magari per un errore o per inesperienza della controparte, e la tentazione di approfittarne sarà quasi irresistibile, soprattutto per chi è molto competitivo.

Se riuscite a resistere, non approfittatene e lasciate una quota onorevole anche alla controparte. La gratitudine non è una moneta estremamente popolare oggi, soprattutto negli affari, ma nelle relazioni umane è una leva potente, dalla notte dei tempi.

Francesco Caporali